E’ uno dei siti che le Aree protette dell’Appennino Piemontese intendono tenere sotto controllo per valutare l’impatto della crisi climatica sulle zone umide. È il lago del Padù, nel Parco delle Capanne di Marcarolo, un lago molto caratteristico e particolare. L’ente di Bosio, con il supporto del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, ha presentato domanda per il finanziamento delProgetto WET (Wet Emergency Teams – Squadre di emergenza per le zone umide) nell’ambito delle azioni per il clima del Programma Life “Adattamento ai cambiamenti climatici”, promosso dall’Unione europea e dedicato all’adattamento ai cambiamenti climatici in vista del 2050. In quell’anno, sulla carta, l’Unione punta a diventare una società resiliente e pienamente adattata agli impatti inevitabili dei cambiamenti climatici. “Il Progetto WET – spiegano da Bosio – si pone l’obiettivo di minimizzare l’impatto dei cambiamenti climatici sui cosiddetti “ponds”, piccole superfici di “acque lentiche”, habitat delle acque interne non correnti come laghi, stagni, paludi, pozze, favorendone l’adattamento per aumentarne la resistenza e la resilienza climatica in una vasta area di Appennino settentrionale. La finalità è quella di mantenere l’erogazione dei loro servizi ecosistemici, unitamente alla conservazione della biodiversità (anfibi e specie floristiche rare e minacciate), mantenendone la funzionalità strutturale e funzionale. L’adattamento dei ponds sarà attuato in via sperimentale su “aree target di primo livello” attraverso interventi ingegneristici, ripristini e miglioramenti dell’habitat ma soprattutto soluzioni gestionali da attuare attraverso Accordi e/o Patti territoriali”.
In sostanza, si vogliono salvare le zone umide dalla siccità e dalle alte temperature che rischiano di desertificarle. Le Aree protette hanno deciso di monitorare anche le pozze di Cascina Moglioni e le zone umide di cascina Piota, anch’esse situate nel Parco Capanne di Marcarolo, e l’area forestale del torrente Corosella, in alta val Borbera. “Gli effetti del cambiamento climatico – spiegano ancora dalle Aree protette – sono già visibili in tutta l’Europa meridionale e stanno diventando più drammatici della media dei cambiamenti mondiali avvenuti nel corso del XX secolo. Le proiezioni globali riportate sul Quinto Rapporto di Valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change hanno, infatti, confermato una significativa diminuzione della quantità di precipitazioni e un aumento delle temperature medie nonché un aumento dell’intensità e della frequenza degli eventi climatici estremi. La preoccupazione per lo stato di conservazione degli habitat lentici d’acqua dolce (tipici di laghi, stagni, paludi, pozze) cresce quindi in tutta l’area mediterranea, non solo per il rischio di diminuzione o perdita della disponibilità di zone umide, ma anche per l’evidenza che gran parte delle specie legate a questi habitat rischiano l’estinzione locale (con la conseguente perdita di variabilità genetica) a causa della perdita di habitat e stanno già modificando i loro cicli vitali a seguito dell’arrivo di specie aliene invasive, che si adattano meglio alle nuove condizioni climatiche”.