Lo Scrivia, per mano dell’uomo, nel dopoguerra ha visto restringersi sempre di più il suo alveo. Se poi si contano i prelievi massicci di ghiaia ci si possono porre molte domande su quello che sono diventati i nostri fiumi e anche sulle conseguenze di queste scelte per l’uomo e l’ambiente. L’argomento è stato discusso venerdì scorso al Maglietto di Novi Ligure, durante la serie di incontri “I venerdì culturali al Maglietto”. Relatore è stato Andrea Mandarino, dottorando in Scienze della Terra dell’Università degli studi di Genova, che ha raccontato la storia geologica della Valle Scrivia nella conferenza dal titolo “L’evoluzione morfologica del torrente Scrivia negli ultimi 150 anni e non solo”.

Andrea Mandarino
Andrea Mandarino

Mandarino ha spiegato le vicende geologiche e climatiche a partire da 200 milioni di anni fa, che hanno portato al paesaggio che oggi possiamo apprezzare, dall’apertura di oceani alla loro chiusura, dalla strutturazione delle Alpi al parziale prosciugamento del Mediterraneo, dal ritorno del mare alle glaciazioni. Ha quindi posto l’attenzione sullo Scrivia, descrivendo l’evoluzione del tratto di pianura del torrente, quello maggiormente interessato dagli interventi umani, dal 1878 ad oggi. “Tra il XIX e il XX secolo – ha spiegato Mandarino – lo Scrivia non presentava particolari condizionamenti ed era in grado di modellare il proprio alveo; già negli anni ’50 tuttavia i processi fluviali erano condizionati dalla presenza diffusa (soprattutto nel tratto tortonese) di opere antropiche (come i pennelli) atte ad indirizzare la corrente. Negli anni ’70 la costruzione delle prismate ha portato ad una stabilizzazione dell’alveo e ad un considerevole restringimento”. Addirittura, come ha spiegato il relatore, dagli anni ’50 a oggi più di 200 metri a valle di Cassano, 150 m a monte di Tortona, un centinaio a valle. Una perdita massiccia di aree fluviali e qui di spazio per l’espansione delle acque in caso di piene, alla quale si è accompagnata, ha spiegato ancora Mandarino, una incisione dell’alveo a causa del prelievo di ghiaia.

C’è da chiedersi se la trasformazione dello Scrivia in una sorta di lungo “canale” per buoni tratti del suo alveo sia buona cosa o meno. Evidentemente no, visto che, come è stato detto dal relatore della serata novese, “a oggi si registra una diffusa instabilità di sponda lungo l’intera asta fluviale, connessa al collasso delle difese spondali, ben visibile negli ultimi 15 km di torrente, e a localizzati allargamenti della sezione. Quanto emerso dovrebbe far riflettere sulla gestione fluviale finora messa in atto, sulla sua (in)efficacia e su molti luoghi comuni, o meglio falsi miti, che attorniano le tematiche fluviali”. C’è una gestione corretta del corso del torrenti? “Quello fluviale – ha concluso Mandarino – è un sistema complesso, che non può né deve essere considerato, studiato o gestito a scala locale, perché locale non è; il bacino idrografico deve essere il riferimento per la pianificazione e la gestione, per attuare misure efficaci e sostenibili con l’obiettivo di mitigare i rischi e riqualificare gli ambienti fluviali”.