La Roquette di Cassano Spinola

Il licenziamento del dipendente Gian Franco Delfitto da parte della Roquette di Cassano Spinola è legittimo poiché per anni ha chiesto illegittimamente soldi all’imprenditore Vittorio Fossati. Lo ha stabilito la Cassazione, respingendo il ricorso presentato dall’ex quadro dello stabilimento cassanese, licenziato negli anni scorsi per giusta causa. Delfitto aveva ottenuto ragione in primo grado ma la Corte di appello di Torino, al quale si era rivolta la Roquette, aveva considerato legittimo il licenziamento per giusta causa. Il motivo alla base dell’allontanamento dalla fabbrica era il fatto che per lunghi anni Delfitto aveva “preteso somme e altre utilità dal Fossati in cambio dello svolgimento da parte di questi, personalmente o per il tramite di società a lui facenti capo, di attività di fornitura di servizi in favore di Roquette Italia s.p.a”. Così stabilisce la Cassazione.

La Roquette di Cassano Spinola

La “vittima” delle pretese di Delfitto è stato Vittorio Fossati, imprenditore di Serravalle Scrivia titolare a suo tempo della Vi.Fos, ditta coinvolta, una decina di anni fa, insieme a vari dirigenti dell’azienda cassanese, nell’indagine dei carabinieri del Noe sullo spandimento degli scarti di lavorazione degli zuccheri della Roquette, classificati come “fango di lavorazione” anziché rifiuti speciali e quindi autorizzati allo spandimento sui terreni, invece che essere portati in discarica. Fossati, che per quella vicenda aveva patteggiato una condanna a un anno e sei mesi, ha sempre collaborato con la Roquette ma, secondo la sentenza, per poter lavorare, veniva taglieggiato dal Delfitto. I legali di quest’ultimo, in Cassazione, hanno evidenziato come la Corte d’Appello si sia basata, nel suo giudizio, solo sulla testimonianza di Fossati senza nessun altro riscontro. I giudici della Suprema Corte hanno invece considerato la deposizione dell’imprenditore di Serravalle “sufficiente e idonea a dare contezza, senza necessità di riscontro documentale come, invece, richiesto dal primo giudice, degli addebiti ascritti al dipendente consistiti, in sintesi, nell’avere per lunghi anni preteso somme ed altre utilità dal Fossati”. Delfitto, oltre a vedersi considerato legittimo il licenziamento, è stato condannato a pagare le spese del giudizio, pari a 5 mila euro, oltre ad altre spese legali.