Una manifestazione degli operai della Bundy negli anni scorsi

Alla fine del 2013 gli operai della Bundy di Borghetto Borbera cantavano vittoria: dopo una settimana di sciopero con blocco totale dell’attività dell’impianto, la proprietà, un fondo di investimento americano, aveva fatto retromarcia ritirando il piano industriale per il 2014, che prevedeva 120 esuberi su 180 dipendenti. Stop quindi allo smantellamento dello stabilimento tramite il trasferimento all’esterno della quasi totalità della produzione di componenti per condensatori e frigoriferi. La risoluzione dei problemi del sito erano rimandati a un tavolo sul problema dell’efficienza energetica della fabbrica, visto che l’azienda lamentava costi energetici pari a due milioni di euro l’anno, da ridurre, così come altri costi. I posti di lavoro da allora sono stati tutelati con i contratti di solidarietà. In realtà, però, nulla è stato fatto da allora e adesso per la Bundy si è tornati al punto di partenza, o quasi: la produzione è continuata a calare e da ottobre i 60-70 lavoratori in solidarietà (su 170) rischiano di andare a spasso poiché, grazie al Jobs Act sono cambiate le regole e i tempi di erogazione, da parte dello Stato, degli ammortizzatori sociali. Come hanno spiegato ieri mattina i sindacati metalmeccanici Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil nella Camera del Lavoro di Alessandria, il riordino normativo del governo Renzi “ha ridotto da cinque a tre anni, in sostanza, il periodo per il quale si può usufruire di cassa integrazione ordinaria e straordinaria e contratti di solidarietà, grazie ai quali finora siamo riusciti a gestire le crisi di tante industrie.

I sindacalisti ieri alla Camera del Lavoro di Alessandria

Tra settembre e ottobre in tutta la provincia, in queste condizioni, tra 500 e 600 lavoratori, considerati esuberi dalle aziende, verranno licenziati, senza altri interventi a loro favore”. Interessate dal problema anche la Kme di Serravalle Scrivia, la Cerutti di Casale Monferrato e la Drathzug Stein di Conzano. Alla Bundy c’è la situazione peggiore: la proprietà non ha mai risposto alle richieste di incontro arrivate dai sindacati, che ora temono per il futuro dello stabilimento, un riferimento non solo per la Val Borbera ma anche per molte famiglie della vicina Liguria. I timori riguardano infatti anche coloro che non rischiano il posto: il settore del freddo è in crisi da dieci anni e non c’è alcun piano di rilancio. Per la Kme (400 dipendenti) la proprietà intende investire 70 milioni di euro nello stabilimento di Fornaci di Barga (Lucca), operazione avrebbe effetti positivi anche sul sito serravallese ma solo fra almeno due anni. Anche qui, da settembre, finirà però il contratto di solidarietà e in 50 potrebbero perdere il posto di lavoro. Il 5 luglio nuovo incontro al ministero dello Sviluppo economico con il ministro Luigi Di Maio dopo quello dell’altro giorno: i sindacati sperano in una deroga alla scadenza della solidarietà a fronte del piano presentato.