Legambiente parla di “legge vergogna” ed è difficile pensarla diversamente. Nonostante ornitologi e naturalisti avessero bocciato la proposta, il centrodestra in Regione è riuscito ad approvare le modifiche alla legge regionale sulla caccia che considera cacciabili sette nuove specie: allodola, fischione, codone, folaga, canapiglia, marzaiola e pernice bianca. Poteva andare peggio: solo grazie all’ostruzionismo delle opposizioni le specie non sono state quindici. Si sono salvate dalle doppiette il mestolone, il porciglione, il frullino, la pavoncella, il combattente, il moriglione, il merlo e la lepre variabile. Non solo: la nuova legge prevede l’abolizione del divieto di caccia nelle domeniche di settembre. Dal 2018 era vietato sparare nelle ultime due domeniche del mese per ridurre il pericolo per gli escursionisti. Cancellati anche i limiti di ingresso per i cacciatori provenienti da altre regioni con conseguente perdita del legame cacciatore-territorio e nessuna possibilità per i proprietari dei fondi di ottenere il divieto di caccia. Si potrà infine sparare agli ungulati anche al buio. “Siamo di fronte alla decisione di una Giunta Regionale – dichiara Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – che ha scelto di anteporre gli interessi ludici di una ristrettissima minoranza dei cittadini a quelli di protezione ambientale e faunistica.

Allodola, foto daniel petterson

Una scelta senza né capo né coda che non ha giustificazione alcuna. Tutte le specie dichiarate ‘cacciabili’ sono classificate come ‘in declino’ o, peggio, in elevate condizioni di rischio, come la pernice bianca che dal 2000 ad oggi ha visto dimezzare la sua popolazione. Gli esemplari di alcune delle specie in questione pesano meno del piombo contenuto in una cartuccia. Questa legge è un vero e proprio attentato alla biodiversità alpina e in particolare piemontese” Altri aspetti sono considerati da Legambiente “del tutto inaccettabili”: “L’apertura della caccia notturna (due ore prima dell’alba e due dopo il tramonto) agli ungulati mette a rischio tutte le specie residenti nelle aree interessate dalle battute; la riduzione dei capi di abbigliamento ad alta visibilità obbligatori rende meno visibili i cacciatori mettendo a rischio i frequentatori delle aree boschive e, in ultima analisi, anche i cacciatori stessi”. “Scrivere – prosegue Prino – che i proprietari dei fondi aperti che volessero richiedere il divieto di caccia sui loro terreni dovrebbero inoltrare richiesta entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio regionale, un piano previsto dal 1992 e mai approvato, è una provocazione inaccettabile, che sa quasi di presa in giro”.