Comunità montane addio, ma le Unioni dove sono?

Soldi pubblici sprecati, caos disorganizzato, territori montani sull’orlo di una crisi di nervi

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Si stava meglio, quando si stava peggio. La frase buttata lì, sembra pura nostalgia del passato, e probabilmente lo è. Prendiamo le ex Comunità montane, trasformate  per decisione unilaterale della Regione, in Unioni. Ecco, quelle Comunità montane, additate come la madre di tutti gli sprechi, nel bene e nel male, funzionavano. E le Unioni? Piccolo passo indietro. A decretare il cambiamento, è stata la legge regionale 11 del 28 settembre 2012, meglio conosciuta come legge “Maccanti”, dal nome della sua ispiratrice, l’assessora in quota Lega,  dell’allora amministrazione Cota.

La legge, ha fatto insorgere la stragrande maggioranza dei sindaci dei Comuni montani, indipendentemente dalle simpatie partitiche. “Distruttiva” e “confusionaria”, sono i termini che giornalisticamente c’è concesso riportare, per descrivere l’opinione pressoché unanime.  Di fatto la legge è ricca di zone d’ombra.  Ad esempio non è chiaro come devono essere ripartiti debiti e crediti delle ex Comunità montane, quali e quante saranno le risorse a disposizione, e altre amenità.  Ora, a distanza di quattro anni e mezzo, la confusione continua a regnare sovrana.  In molti speravano che la Regione, oggi governata da Chiamparino, mettesse mano al decreto, ma ciò non è avvenuto.

Nel frattempo, secondo l’italica modalità che prevede che tutto venga rinviato sine die, le Comunità montane, in perenne liquidazione “definitiva”, hanno continuato a vivere e a costare anche di più, vista la presenza dei commissari liquidatori, che fino al 31 dicembre 2016, hanno  percepito uno  stipendio per appunto,  liquidare le proprietà delle Comunità montane, predisporre piani di riparto e agevolare la formazione delle Unioni. E’ stato fatto? Bisognerebbe chiedere alla Regione, ma ad una prima occhiata, in alcune realtà,  pare regni una sorta di caos disorganizzato. Prendiamo ad esempio la Comunità  montana Terre del Giarolo, la cui storia  è  emblematica.

Commissario liquidatore è stato Cesare Rossini,  che nel lungo periodo della sua permanenza, ha presentato due piani di riparto, e la Regione li ha stati bocciati tutti e due, ha liquidato qualche piccolo avere, ma tutte le vere “magagne”, c’erano e ci sono: il Golf di Momperone, il caseificio del Montebore di bufala,   vari rifugi, il bob e downhill di Caldirola, e non dimentichiamo il parco avventura di Mongiardino, costato un milione di euro e secondo una valutazione commissionata dal commissario Rossini, oggi vale circa 90 mila euro. Ma non solo. Il commissario si è premurato di intercettare 500 mila euro destinati ad un progetto energetico fallito e dirottarli sulla associazione Città del Bio, di cui lui stesso è nel consiglio nazionale, per realizzare un biodistretto, di cui la maggioranza degli amministratori e dei produttori  da noi interpellati, non ne sa nulla, anzi, qualcuno si  trovato coinvolto suo malgrado.  Misteri.  Ed ora cosa accadrà? Ora arrivano i nuovi commissari, questa volta senza ulteriore dispendio di soldi pubblici, considerato che sono funzionari regionali.  Meglio tardi che mai.  E le Unioni? Un attimo di pazienza, secondo un famoso detto popolare: “c’è più tempo che vita”.