Il Comune di Novi Ligure condannato a pagare circa 16 mila euro per l’errata applicazione dell’Iva nella cessione di un suo edificio, avvenuta nel 2010. Nell’ambito del piano delle alienazioni, quell’anno l’amministrazione comunale aveva messo in vendita il market di via Manzoni insieme ad altri edifici. Si era fatto avanti un acquirente, l’avvocato Massimo Donati di Catania, che aveva presentato l’offerta migliore.

Le due parti avevano quindi sottoscritto il contratto di compravendita con piena soddisfazione. Solo successivamente, però, il legale si accorgeva che, a suo dire, il Comune gli avrebbe fatto pagare più del dovuto, applicando l’Iva al 20%. “Dovevate chiedermi l’imposta di registro al 7% del valore dell’immobile”, aveva sostenuto Donati, in quanto era una semplice compravendita e non un’operazione commerciale. La cifra pagata dall’acquirente come Iva superava infatti i 12 mila euro, mentre con l’imposta di registro avrebbe versato solo 4.300 euro. Da qui la causa civile, passata attraverso ben quattro sentenze. Ad Alessandria, in primo grado e in Corte d’Appello a Torino il ricorrente perdeva. Tutti i giudici, fino ad allora, evidenziavano come sia il Comune che Donati, nel contratto avevano chiesto l’applicazione dell’Iva. Non solo: la cessione aveva riguardato un locale a uso commerciale, quindi soggetto a Iva. Infine, il rimborso non andava chiesto al Comune ma allo Stato, al quale era stata versata successivamente l’Iva.

Il legale è arrivato però fino a Roma, alla Corte di Cassazione. Qui i giudici gli hanno dato ragione: l’applicazione dell’Iva o dell’imposta di registro non dipende dalla destinazione del bene oggetto della compravendita. Piuttosto, c’è da chiarire se la cessione sia stata un’attività commerciale da parte del Comune ma per la Cassazione così non è stato: l’ente ha infatti solo ceduto un suo bene considerato disponibile. La corte ha però disposto il rinvio della decisione in Appello, che si è pronunciata poco tempo fa: il Comune ha dovuto restituire a Donati la differenza tra quanto versato e l’imposta realmente dovuta, cioè 8 mila euro, oltre a tutte le spese legali sostenute. In totale, circa 16 mila euro.