Il futuro delle valli appenniniche sta nel ritorno al passato. L’esperimento di Grondona

Finanziamenti regionali per insediare nuove attività produttive nelle Terre Alte

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Ritorno alle origini di queste splendide valli. Potrebbe esser questo il titolo dei progetti previsti all’interno del Piano di sviluppo rurale, che riguardano il recupero delle terre incolte e dei castagneti, avviati da alcuni consorzi e associazioni di castanicoltura , dal Gal Giarolo e dal Comune di Grondona.

Fino all’inizio degli anni ’50, la castanicoltura ricopriva un ruolo rilevante nell’economia montana, ma con l’industrializzazione, questi territori paesaggisticamente meravigliosi ma faticosi, sono stati abbandonati, con tutte le conseguenze che si possono immaginare;  in primo luogo i gravi problemi  idrogeologici, causati proprio dall’abbandono, mentre l’incuria ha permesso il proliferare di funghi e parassiti in modo particolare nei castagneti.

L’assessore Silvano Bellò

Ora il finanziamento regionale potrebbe dare nuova vita alle aree montane. A crederci è il Comune di Grondona, unico ente locale e capofila di questo progetto e a spiegarlo è l’assessore comunale Silvano Bellò.

E’ stata approvata una legge che dà l’opportunità  di insediarsi nelle terre incolte e avviare attività reddituali. Parallelamente  è nato un  progetto  che prevede il recupero di 200 mila ettari di bosco da castagno con contributi sul piano di sviluppo rurale, che dovranno valere prevalentemente sulla misura 16”.

Che tradotta per noi mortali sarebbe?

Essiccatoio Costa

Cooperazione e innovazione. Il recupero del castagneto sarà attuato in base ai piani forestali che diranno quali alberi sono da abbattere, quali da recuperare e da reinnestare; per ogni ettaro di castagneto sarà erogato un contributo di 490 euro a fondo perduto, per la durata di 5 anni. Il prodotto ottenuto, sia la castagna, sia il legname sarà commercializzato dal gestore.

Questo incentivo serve per risanare il territorio?

Esatto, serve per recuperare vaste aree di bosco ora abbandonato che possono produrre  reddito sia tramite il legname, sia dal frutto , i pali di castagno come si sa sono i più ambiti.  A Grondona si può costituire la perfetta filiera del castagno, che ha lo scopo dell’’innovazione richiesto dalla famosa misura 16. Il progetto pilota consiste nel recupero dei castagneti, essiccatura delle castagne nei tre essiccatoi che già esistenti e macinatura delle castagne nel mulino di Variana che è proprietà comunale.   Noi abbiamo aggiunto una chicca che prevede la raccolta delle ghiande”.

Sentiero degli essiccatoi

Scusi, ha detto ghiande? Le ghiande, da che mondo è mondo servono come cibo per i maiali.  Qui sorge spontanea una domanda: che fine hanno fatto i famosi maiali che Città del Bio ha portato a Grondona?

“Per favore stendiamo un velo pietoso su quella assurda vicenda…vorrei solo dimenticare…”

D’accordo, superiamo la nota dolorosa o comica secondo i punti di vista e proseguiamo con le cose serie.  Ritorniamo alla filiera della castagna

“Per completare questa filiera,  l’amministrazione mette a disposizione un immobile dove insediare un laboratorio per la trasformazione della castagna¸ produzione di marmellate, marroni e quant’altro. Insomma, dalla raccolta della castagna, all’essicazione, dalla macinatura per ricavarne farina, alla trasformazione del frutto, ma anche l’uso del legname laddove l’albero non sia più produttivo.  Il laboratorio sarà comprensoriale e quindi lo potranno usare tutti.  

Essiccatoio Nurtiù

Inoltre un ragazzo di Grondona ha fatto una tesi di laurea che riguarda il recupero di un antico essiccatoio trasformato, chiamiamolo ostello o rifugio, con tutti i confort necessari per accogliere i turisti non convenzionali, persone che magari vivono in città e desiderano trascorre un fine settimana tra la natura. Un turismo a cui viene proposto oltre alle salutari escursioni nei boschi, anche di rivivere l’atmosfera di un’ antica tradizione dei nostri territori, quando si andavano a raccogliere le castagne e, in attesa che si essiccassero, si riposava all’interno di queste strutture”.

In alcune zone dell’Appennino questo genere di costruzione viene chiamato  abergo…se non sbaglio.

Credo sia così, ma forse in zona c’è una piccola variazione, comunque un abergo trasformato in…albergo, sembra una buona idea”.

Per concludere. Nel recupero dei castagneti c’è anche il recupero del bosco in generale, visto che si parlava di ghiande…

Boschi di Grondona

“Sì, e fa parte di un’altra misura che si chiama “Climatico-ambientale”, questa verrebbe realizzata sempre con i piani forestali , ma coinvolgendo le associazioni fondiarie di cui si è molto parlato recentemente. In pratica, i piccoli proprietari uniscono i loro terreni in un’unica associazione che nel caso dei castagneti dovrà gestire almeno 100 ettari di bosco. La Regione a quel punto farà un piano forestale per “pulire il bosco”, infatti questa che potrebbe essere la fase uno della castanicoltura  serve unicamente per pulire il bosco.  Ad esempio, si può trasformare un bosco di roveri, in uno di castagne, si recuperano le ghiande, anche considerando che il macchinario è lo stesso che serve per la raccolta delle castagne”.

Una soluzione ottimale per combinare la castanicoltura con la misura climatico-ambientale, questa darebbe la possibilità di far tornare i boschi all’antico splendore, che significa sistemare il territorio. Perché è chiaro a tutti che i boschi puliti riducono i danni idrogeologici, i terreni diventano più ricettivi all’acqua e sopportano meglio le piogge intense. Infatti, il sottotitolo della misura “Climatico-ambientale” è  “aumento della resilienza agli eventi climatici atmosferici.