“Le mafie sono dentro la società, e non hanno confini. Il centro nord è occupato ‘militarmente’ dalla ‘ndrangheta“. Sono le parole pronunciate dal procuratore generale di Torino, Lucia Musti, ieri, 13 marzo, a Torino, nel convegno “Un Piemonte libero dalle mafie”, voluto dalla Commissione Legalità del Consiglio regionale.
La presenza delle cosche della ‘ndrangheta in Piemonte è consolidata da decenni e confermata da numerose sentenze della Cassazione. Sul territorio alessandrino si ricorda la scoperta della “locale” di ‘ndrangheta a Bosco Marengo, con legami con imprese e uomini politici del territorio. A Reggio Calabria è in corso il processo d’Appello partito grazie all’indagine Alchemia, nel quale sono alla sbarra personaggi considerati i referenti delle cosche nel Nord Ovest e nel Novese.
Proprio l’amministrazione regionale in carica, nel precedente mandato, guidata anche all’epoca da Alberto Cirio, era stata investita dalla vicenda dell’allora assessore di Fratelli d’Italia, Roberto Rosso, dimissionario poiché accusato di voto di scambio politico mafioso in relazione alle elezioni regionali del 2019.
Nel convegno torinese, il procuratore Musti ha aggiunto: “La mafia imprenditrice è ben consapevole di quanto preziosi siano i professionisti e attinge a quelli che, incredibile ma vero, sono attirati come le falene nella luce della notte, proprio dai mafiosi. Le mafie non hanno abbandonato le modalità violente, ma si sono evolute con caratteristiche più sofisticate, più raffinate”.


Il procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Torino Giovanni Bombardieri ha evidenziato come “per molto tempo il Piemonte abbia sottovalutato le infiltrazioni mafiose sul territorio come per una volontà di tranquillizzarsi, di pensare che non era un problema nostro. Eppure si erano verificati diversi eventi che avrebbero dovuto far mantenere alta l’attenzione”. “Oggi – ha aggiunto – la criminalità organizzata si mescola all’economia e al mondo degli affari: non fa più ‘click’ con la pistola ma con il mouse del computer”.
Numeri preoccupanti per il capocentro della Direzione investigativa antimafia di Torino Tommaso Pastore che ha illustrato l’evoluzione delle attività di contrasto alle mafie “a partire dal modo di operare della criminalità organizzata nel mondo economico finanziario. In Europa abbiamo mappato 821 reti criminali attive, l’86% è in grado di infiltrarsi nell’economia legale, la quasi totalità (96%) con capacità di riciclaggio autonoma. La migliore strategia di contrasto non può non focalizzarsi sugli strumenti giuridici volti a sottrarre alla criminalità organizzata la disponibilità economica proveniente dalle attività delittuose attraverso il sequestro, la confisca e le attività interdittive”.
Il presidente di Libera don Luigi Ciotti si è dichiarato “preoccupato della ‘retorica della legalità’, un elemento essenziale per la società che rischia di trasformarsi in un idolo, in un sedativo e in una bandiera che tutti usano se è vero che esistono associazioni antimafia fatte dai mafiosi e associazioni per la legalità fatte da chi sceglie di volta in volta la convenienza di stare o meno nella legalità” e ha sottolineato con forza che “prima della legalità dobbiamo educarci alla responsabilità e darci delle regole per costruire percorsi di giustizia”.
Il presidente Cirio ha ricordato: “Sui beni confiscati abbiamo messo più risorse, siamo passati dai 600-700mila euro in media degli ultimi anni a 1,2 stanziati nel 2025. Con una recente delibera abbiamo semplificato le procedure di utilizzo di queste risorse da parte degli enti pubblici”.
Il convegno è stato condotto da Domenico Rossi, presidente della Commissione Legalità, insieme ai due vice Gianna Gancia e Pasquale Coluccio. presente, fra gli altri, il vicepresidente del Consiglio regionale Domenico Ravetti.