Piloni dei ponti scalzati e difese spondali che crollano per lo stesso motivo: la carenza di ghiaia. Eppure la Regione ha autorizzato altri prelievi di materiali dal corsi d’acqua, compresi quelli alessandrini. In tutta la Regione sono previsti 144 interventi per movimentare e asportare un totale di oltre 920 mila metri cubi di ghiaia, che fa ovviamente gola al settore edile. In provincia di Alessandria i prelievi autorizzati sono una ventina per totale di 115 mila metri cubi. Tre sono nel Borbera: uno nella frazione di Persi, l’altro in località Morasca, entrambi e Borghetto, per 10 mila metri cubi ciascuno, il terzo a Cabella, in prossimità del concentrico del paese, per 8 mila metri cubi. In Val Lemme: 4 mila cubi da prelevare nel rio Riasco a Basaluzzo, a monte del ponte della strada 160; 10 mila metri cubi a Francavilla Bisio presso il ponte sul Lemme per cascina Biutta; a Gavi 6 mila metri cubi nel rio Ardana e 10 mila nel Lemme a monte del paese. A Ovada prelievi da 6 mila metri cubi ciascuno nell’Orba alla confluenza con lo Stura e nello Stura presso il ponte di via Novi. Stesso quantitativo a Silvano, sempre nell’Orba, in località Guastarina, e a Capriata, a ridosso del ponte di Strada Oltre Orba. Lo Scrivia è interessato dall’asportazione di 10 mila meri cubi alla confluenza con il Borbera tra Serravalle, Arquata e Vignole. Altri prelievi sono programmati nell’Acquese, lungo la Bormida e l’Erro. La Regione ha pubblicato un bando al quale possono partecipare le imprese edili proponendo una cifra per il pagamento del canone. Stessa operazione avvenuta nel 2021, quando furono autorizzati trentatré interventi sul territorio alessandrino, alcuni dei quali riproposti quest’anno. Il metodo adottato dalla giunta Cirio punta a “sburocratizzare” i prelievi di ghiaia rendendo “molto più veloce dare il via alle operazioni vitali per il buon mantenimento dei corsi d’acqua, necessario ora quanto mai alla luce dell’emergenza climatica che provoca ingrossamenti repentini di fiumi e torrenti moltiplicando i danni quando questi sono privi di manutenzione”,
come hanno spiegato gli amministratori regionali. Un metodo contestato dal Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, associazione creata da tecnici di diversa estrazione disciplinare e professionale, da Cipra (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi) e dalle associazioni Free Rivers Italia, Legambiente, Pro Natura, WWF e ad alcune associazioni di pescatori. Nella lettera inviata alla Regione e ad altri enti si rileva che le asportazioni di ghiaia previste sono al di fuori dalla pianificazione di bacino prevista dalla direttive europee e dell’Autorità di Bacino del Fiume Po. Secondo queste ultime, i prelievi dovrebbero essere pianificati vicino al centri abitati o in corrisponde dei opera trasversali, come i ponti. Invece, “il 75% degli interventi non si trova in corrispondenza di centri abitati; il 60% non è in corrispondenza di opere trasversali o canalizzazioni o pare complessivamente esteso ben oltre la singola struttura. Il 50% non si trova presso centri abitati né nelle adiacenze di opere trasversali o canalizzazioni”. Inoltre, i prelievi sono spesso previsti l’uno accanto all’altro, diventando così “un solo esteso intervento da decine di migliaia di metri cubi di materiale estratto da un unico continuo tratto di corso d’acqua, in contrasto con la normativa”. L’asportazione di ghiaia e di vegetazione dall’alveo, sostengono i firmatari della lettera, “spesso promossi dalla popolazione e dai comuni e giustificati come misure per la riduzione della pericolosità idraulica, in realtà sono privi di fondamento scientifico e possono portare a un aumento del rischio invece che a una sua riduzione”. Lo dimostra la situazione del ponte sul Lemme a Francavilla Bisio, con le pile scalzate, e la difesa spondale dell’Orba a Retorto (Predosa), crollata. E’ la prova, secondo gli autori della lettera, che la ghiaia in questi fiumi manca.