Persino i due commissari nominati dal governo si contraddicono sull’opera che dovrebbero contribuire a realizzare, costi quel che costi, è il caso di dire. Iolanda Romano, nominata dal governo nel dicembre del 2015, ha il mandato di agevolare la realizzazione del Terzo Valico, con l’obiettivo di garantire l’interesse pubblico. Marco Rettighieri è arrivato alla guida del consorzio Cociv da poco tempo dopo l’arresto dei dirigenti a fine ottobre, su richiesta dell’Autorità nazionale anticorruzione e su nomina del prefetto di Roma allo scopo di “disporre misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio delle imprese nell’ambito della prevenzione della corruzione”. In sostanza, evitare altre ruberie, come è invece avvenuto fino allo scorso autunno, intercettazioni alla mano. Entrambi, pur con ruoli differenti, devono portare a casa la realizzazione della linea ad alta capacità da 6,2 miliardi e quindi si presume abbiano le idee ben chiare sulle sua assoluta necessità per l’interesse degli italiani, delle loro tasche e della loro salute. Ma così non è.
Rettighieri, proprio oggi, sulle pagine alessandrine de La Stampa, rispondendo a un “Posso sbagliarmi” di Piero Bottino, dichiara senza mezzi termini che “l’opera ha un respiro internazionale con benefici per tutto il Paese”. Forse, essendo da poco tempo in questo ruolo, non si è ancora accorto che l’Unione europea, per due volte in dieci anni, ha deciso di non finanziare la linea, lasciando l’ingrato compito esclusivamente al bilancio italiano, senza alcun intervento delle banche e dei privati annunciati per anni. Nel pensiero dell’architetto Romano, invece, bazzicando numeri, cantieri e personaggi (molti ben poco raccomandabili, visto com’è andata a finire) ormai da oltre un anno, qualche crepa sull’utilità del Terzo valico comincia a intravedersi.
Durante l’incontro di inizio aprile ad Alessandria sulla gestione del rischio amianto, il commissario di governo, rispondendo a una domanda del pubblico, ha ammesso: “Le valutazioni di esperti del Ministero dell’Ambiente ci suggeriscono – oggi – che tale opera non sarebbe più strategica e decadrebbe in presenza di un’analisi stringente ‘costi/benefici’… ma così è. Ci troviamo di fronte ad un’opera sovradimensionata”. Difficile trovare punti di contatto fra le due dichiarazioni: granitico Rettighieri nel sostenere “che l’opera porterà benefici a tutto il paese”, piena di dubbi Romano, che avrà senz’altro letto l’unica analisi-costi benefici riferita al Terzo valico, emersa dai cassetti tre anni fa e risalente al 2003, redatta guarda caso da Cociv, con ovviamente un giudizio positivo sulla fattibilità dell’opera, basandosi però su cifre ben poco sensate, tanto che nessuno la cita a sostegno dell’opera. Secondo il personale addetto all’info point allestito proprio dal commissario Romano, però, l’opera sarebbe fondamentale poiché “le due linee esistenti che collegano Genova all’entroterra padano, e da lì al sistema dei valichi alpini, per le loro caratteristiche tecniche non consentono di supportare in modo adeguato e secondo gli standard europei il traffico merci internazionale con origine e destinazione il sistema dei porti liguri, facendo fronte alla crescente competizione dei porti del nord Europa”.
Mauro Solari, ingegnere genovese esperto di politiche ambientali, è di diverso avviso, come ha spiegato in diversi incontri pubblici: “Le merci vanno senz’altro spostate dalla gomma alla ferrovia ma, più che una velocità elevata necessitano di sistemi di carico e scarico efficienti, proprio quello che manca a Genova e non solo. Invece di intervenire su questi aspetti, si è preferito realizzare un’opera costosissima che non ha senso, poiché l’alta velocità dappertutto ha senso dal punto di vista economico su distanze superiori ai 300 km”. Distanze ben diverse da quella tra Genova e Tortona, stazione oltre la quale ci sono linee con un solo binario. “Le linee attuali che salgono dal capoluogo ligure (linea storica, succursale dei Giovi e Genova-Ovada) – sostiene ancora Solari – hanno ancora grandi capacità residue di trasporto poiché sono sottoutilizzate. Da sole sono in grado di trasportare tutte le merci che arrivano oggi nel porto di Genova, delle quali, va ricordato, solo l’8% a oggi finisce su rotaia. Tutto il resto va su gomma per via dell’organizzazione interna del porto”. E non perché manca il Terzo valico. Cari commissari, di cosa stiamo parlando?