Il monte Ebro

Il Consiglio delle Aree protette ha approvato la sua posizione politica in merito all’impianto eolico previsto tra Val Curone, Val Borbera e Valle Staffora al quale si sono opposti da tempo, a vario titolo, comitati, associazioni e vari enti, a cominciare da tutti i Comuni interessati. Come è noto, i timori riguardano l’impatto che le 20 torri gigantesche, alte 209 metri, e la loro installazione avranno sul territorio e in particolare sull’ambiente montano tra il Giarolo, il Chiappo e le altre cime appenniniche. A giugno, i tecnici delle Aree protette avevano espresso parere favorevole al progetto condizionato a una lunga serie di prescrizioni, tra cui l’eliminazione delle 8 torri a ridosso dell’area protetta Dorsale Ebro-Chiappo, la cancellazione di un tratto della strada di cantiere e una serie di limitazioni all’attività degli aerogeneratori in caso di presenza di stormi di uccelli e di limitata presenza di vento. Un parere che avrà il suo peso nell’iter autorizzativo in corso al ministero dell’Ambiente, iter prolungato fino a metà ottobre, caratterizzato dalla mole di osservazioni negative inviate da centinaia di cittadini sollecitati dal Comitato per il territorio delle 4 province. Quello dei tecnici delle Aree protette è l’unico parere favorevole, seppure condizionato, arrivato al ministero dal territorio. Il Consiglio delle Aree protette, dopo qualche mese, ha voluto in qualche modo rispondere alle critiche nei confronti del parere con una delibera. In Val Borbera, l’ente di Bosio gestisce infatti la Dorsale Ebro-Chiappo, interessata dalle torri, e la zona speciale di conservazione Strette della Val Borbera, coinvolta dall’elettrodotto dell’impianto eolico. Nell’ambito della valutazione di incidenza del progetto Monte Giarolo, ricordano i consiglieri del Parco insieme al presidente Danilo Repetto, l’organo tecnico amministrativo dell’ente ha emesso un parere che “prevede una ipotetica fattibilità solo a patto di un notevole ridimensionamento dell’impianto e previa adozione di tutta una serie di stringenti prescrizioni operative. Ciò è stato letto come un atto di gradimento del progetto da parte dell’Ente Parco. Cosa che non è. Il parere istruttorio deve attenersi alle vigenti normative europee, nazionali e regionali relative alla tutela delle aree protette e non può, evidentemente, esprimere in questa sede quelle che, invece, sono legittime aspirazioni di indirizzo di governo dei territori”. In sostanza, i tecnici dell’ente hanno dovuto tutelare solo le due aree protette in gestione in Val Borbera. Il Consiglio del Parco, invece, sottolineano i consiglieri, “deve anche farsi portatore delle esigenze che provengono da chi vive e frequenta il territorio e proporre, perseguire e affermare nuovi e sempre più validi strumenti di difesa del patrimonio naturalistico. Ciò significa, nel caso specifico, in primo luogo, di fronte a questa tipologia di impianti, che per la sola loro dimensione “snaturano” evidentemente un’area geografica di pregio, perseguire l’affermazione di normative di sempre maggior salvaguardia del patrimonio naturalistico, ma soprattutto favorire l’adozione di una programmazione che consenta di individuare in modo concertato e meno conflittuale le tipologie di impianto più idonee alla transizione ecologica ed i luoghi più adatti all’insediamento nei diversi territori”.