Le associazioni animaliste hanno ragione sul fatto che, a lungo termine, i piani di abbattimento non funzionano ma in questo momento, di fronte a un’emergenza, non ci sono altre soluzioni”. Lo afferma il presidente della Provincia, Gianfranco Baldi, dopo l’incontro di oggi con le associazioni Rifugio Miletta e Animal Law, contrarie al previsto abbattimento di mille caprioli proposto dalla Provincia alla Regione per evitare altri danni al settore agricolo. Le due associazioni, a palazzo Ghilini, ad Alessandria, hanno illustrato le loro soluzioni alternative al piano straordinario, proponendo l’utilizzo di recinzioni elettrificate a una certa altezza e la diffusione di rumore da apparecchiature a ultrasuoni. “Tali metodi – hanno spiegato le due associazioni -, insieme ad altri, vanno applicati al contempo poiché singolarmente possono non essere efficaci. La Provincia sostiene di averli già messi in atto senza successo negli anni scorsi ma si deve comprendere come ciò è avvenuto. Le recinzioni, per esempio, che caratteristiche avevano? Inoltre, le apparecchiature sonore, che secondo la Provincia non funzionano poiché dopo poco tempo gli animali si abituano, oggi emettono rumori non in continuo e con frequenze diverse che spaventano gli animali. Una soluzione già adottata altrove in Italia nei vigneti grazie ai fondi europei”.

L’amministrazione provinciale, dicono ancora gli animalisti, “purtroppo, ha però deciso di non prendere in considerazione queste soluzioni e quindi di andare avanti con il piano di abbattimento, al quale ci opporremo, anche attraverso le vie legali, poiché è dimostrato che i piani del genere non funzionano: sono anni che vengono attuati ma i risultati non si vedono”. Si rischia quindi un contenzioso davanti al Tar sulla questione caprioli. “Se un giudice, in caso di ricorso, dirà che abbiamo sbagliato – dice Baldi – ne prenderò atto ma non vedo alternative efficaci nell’immediato. Le soluzioni proposte dalle associazioni potranno anche essere valide ma servono tanti soldi e tempi lunghi, almeno quattro o cinque anni per vederle messe in pratica. Nel frattempo, cosa facciamo? Oltretutto, non c’è alcuna garanzia sulla loro effettiva validità”.