Immagine di repertorio del fango della Lavagnina finito nel torrente Gorzente

I dipendenti lo avevano già preannunciato nella seduta del Consiglio del 30 ottobre: nessun guardiaparco delle Aree protette dell’Appennino Piemontese è mai stato inviato a controllare il cantiere della diga della Lavagnina, a Casaleggio Boiro, aperto da Iren, da dove, a partire dal giugno, 80mila metri cubi di fango, secondo i dati resi noti dal sindaco del paese dell’Ovadese, sono finiti nel torrente Gorzente, cancellando i laghetti incastonati nelle rocce e anche l’habitat inserito nel sito di importanza comunitaria Capanne di Marcarolo. Ora la relazione firmata dal direttore dell’ente, Andrea De Giovanni, richiesta da mesi dal Consiglio delle Aree protette, conferma in sostanza quanto dichiarato. Il documento parla di “ponderazione” nell’affrontare la vicenda che ha provocato sdegno in molti cittadini per il danno ambientale causato al territorio e fa riferimento all’attività intrapresa con la Provincia, l’Arpa e i carabinieri forestali “nell’acquisire la documentazione necessaria” per le contestazioni a Iren. A carico di quest’ultima è emersa una violazione dell’autorizzazione ambientale “con contestazione di due processi verbali amministrativi” redatti il 1° ottobre scorso. Le Aree protette hanno quindi fatto rapporto alla Provincia per l’emissione del provvedimento di ripristino dei luoghi, per il quale l’amministrazione provinciale ha tempo fino al 15 dicembre.

Nello stesso documento firmato dal direttore si dice che Iren aveva annunciato il via ai lavori sullo scarico di fondo della diga per il 27 maggio e che “nei primi giorni di giugno si notava una consistente fluitazione di sedimenti a causa del quale il corso d’acqua presentava una torbidità anomala“. Da lì scaturiva la decisione del sopralluogo del 18 giugno con tutti gli altri enti interessati. La relazione non dice chi abbia effettivamente segnalato all’ente la situazione delle acque del Gorzente. E’ la domanda che è stata posta più volte nelle sedute del Consiglio in particolare dal consigliere Francesco Arecco. I cittadini sono stati informati di quanto stava avvenendo il 17 giugno grazie a un post sui social da parte di un guardiaparco fuori servizio, atto che il presidente delle Aree protette, Danilo Repetto, per altro ha contestato.

Il documento cita poi la relazione scritta dall’Arpa sulla situazione del Gorzente, trasmessa alle Aree protette il 28 giugno e dalla quale sono partite, in sostanza, le indagini dei carabinieri forestali e dei guardiaparco. Iren veniva quindi convocata dai carabinieri forestali a Ovada il 16 settembre per assumere informazioni su quanto avvenuto. A seguire, un altro sopralluogo con i sindaci è avvenuto il 27 settembre, giorno in cui veniva prelevata altra acqua dal Gorzente e, quindi, l’invio delle carte alla Provincia.

La relazione del direttore, però, non chiarisce neppure quali attività avevano previsto le Aree protette per il monitoraggio del cantiere di IREN e per il rispetto delle numerose prescrizioni imposte dall’ente a Iren nè quali misure lo stesso ente abbia attuato dopo lo sversamento di fango per cercare di ridurre il più possibile i danni e poi procedere alle verifiche e alle eventuali sanzioni.