I rifiuti radioattivi restino a Roma e non tornino a Bosco Marengo. È la richiesta del deputato Mirko Busto (M5s) riferita alla situazione della ex Fabbricazioni nucleari (Fn), oggetto di un’interrogazione presentata ai ministri dell’Ambiente, dello Sviluppo economico e della Salute e sottoscritta anche dai parlamentari Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni e Zolezzi. In passato la Sogin, la società pubblica che si occupa della smantellamento del sito nucleare boschese, è stata autorizzata dal Ministero dello sviluppo economico a effettuare il trattamento e il condizionamento dei rifiuti radioattivi della ex Fabbricazioni nucleari, operazione che è stata svolta presso la Nucleco nel centro di Casaccia (Roma). I pericolosi materiali (480 metri cubi in totale) sono stati trasportati nel Lazio e ora attendono di fare ritorno a Bosco Marengo. Il sito, secondo Busto, che cita documenti ufficiali in parte già pubblicati, non è però adatto a ospitare nuovamente tali rifiuti.
“Alcune pubblicazioni della Regione e dell’Arpa Piemonte – scrive Busto nell’interrogazione – riportano come geologicamente la zona di Bosco Marengo sia interessata dalla cosiddetta linea Villalvernia Varzi, considerata faglia attiva, responsabile dell’ultimo importante sisma della zona. In un convegno di studi organizzato dalla Sogin a Torino il 21 maggio 2015, il professor Livio Bonadeo dell’Università dell’Insubria, ha citato ulteriori evidenze di faglie recenti (datate almeno 4 mila anni) e la possibilità di sismi di 6-6,5 di magnitudo locale Richter), al pari della adiacente catena appenninica, anche per l’arco del Monferrato e dell’Alessandrino”. Non solo: Busto ricorda quanto ha scritto Legambiente, insieme a numerosi cittadini, nelle osservazioni al programma nazionale redatto dal governo per l’individuazione del deposito nazionale dei rifiuti radiottivi. “Il sito di Bosco Marengo non è idoneo a ospitare depositi nucleari, anche se temporanei, a fronte del rischio sismico, della vicinanza a un importante arteria stradale e a ben due aziende a rischio di incidente rilevante, e della sua collocazione sopra una delle tre falde acquifere più profonde della Pianura padana occidentale”.
C’è poi il rapporto finale dello studio dell’Istituto superiore di sanità dal titolo “Stato di salute della popolazione residente nei Comuni già sedi di impianti nucleari”, del gennaio 2015, già pubblicato senza che abbia suscitato la benchè minima reazione fra gli amministratori locali. “A Bosco Marengo – recita il documento – la mortalità generale risulta in eccesso, rispetto alla popolazione regionale, così come la mortalità per le malattie del sistema circolatorio. Tra le patologie con una evidenza sufficiente o limitata di associazione con esposizioni a radiazioni ionizzanti, il tumore della tiroide risulta in eccesso nel trentennio, anche se basato su un numero esiguo di casi e in eccesso, seppur non significativo, nelle singole decadi. Il tumore del polmone risulta in eccesso nella prima decade e sull’insieme dei 30 anni e in eccesso, seppur non significativo, nelle altre decadi. Il tumore dell’utero risulta in eccesso a partire dal 1990, eccesso che si riscontra anche nell’analisi sull’intero trentennio. La mortalità per la malattia di Hodgkin risulta in eccesso sin dal secondo periodo analizzato, compreso nell’intero trentennio”. Per tutti questi motivi, Busto ha chiesto nell’interrogazione se il governo “non ritenga di riconsiderare la scelta di riportare a Bosco Marengo i rifiuti radioattivi dopo il loro trasferimento per il condizionamento presso la Nucleco della Casaccia (Roma), prevedendo di inviare tali rifiuti condizionati direttamente al deposito nazionale”. Deposito che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe essere pronto entro il 2024. Nel frattempo, la Sogin punta a creare un deposito temporaneo di rifiuti radioattivi nel sito boschese, nonostante tutto.