Mercoledì 12 aprile lascio Rishikesh per continuare la mia “risalita” del Gange. Dopo aver fatto il primo bagno nel fiume sacro è cresciuta ulteriormente la voglia di arrivare il più vicino possibile alla sua sorgente. L’estenuante tragitto di 7 ore in bus per percorrere 155 km quasi mi fa pentire della scelta: la strada è tortuosa e piena di buche, l’autista sembra cercare lo sconto frontale con i veicoli che procedono nella direzione opposta. Ma, per fortuna, alle sei del pomeriggio raggiunto la meta: lo Sivananda Ashram di Ganeshpur, vicino alla città di Uttarkashi. Con ashram si intende un centro spirituale dove imparare nozioni teoriche e pratiche su varie discipline come lo yoga e la meditazione.

Un mio caro amico mi ha consigliato questo luogo e vengo accolto con gentilezza dal “guru”, chiamato Swami Premananda. Mi viene assegnata una camera che condivido con un giovane tedesco, insegnante di yoga e viaggiatore da vari mesi. Memore di una precedente esperienza in un altro ashram , chiedo a che ora inizia la giornata ma scopro che il programma lascia molto tempo a disposizione per la propria “sadhana”, pratica personale. Gli unici punti fissi sono la lezione con lo Swami dalle 9.30 alle 11.30 e i canti serali dalle 19 alle 20. Tre pasti semplici ma nutrienti (riso, verdure, legumi) vengono serviti nell’ashram, così come l’immancabile “tea time”.

Mi abituo presto al ritmo tranquillo ma attivo del centro. Medito almeno due ore al giorno, pratico yoga in stanza, assisto alle lezioni e nel pomeriggio faccio il bagno nel Gange, qui chiamato Bhagirhati. E’ ancora più torbido, impetuoso e freddo, ma ogni volta esco dall’acqua rigenerato.

Domenica 16 aprile scrivo o telefono con tanti parenti e amici per scambiare gli auguri di Pasqua, per me sicuramente molto diversa dal solito. Niente pranzo in famiglia, niente uova di cioccolato e niente messa (non ci sono chiese in tutta la valle, solo templi induisti). Nonostante ciò mi sento bene: la nostalgia è un sentimento che provo raramente in viaggio e sono contento di essere in India ancora per qualche settimana! A Pasquetta faccio una lunga camminata e un picnic da solo, ma almeno mantengo la tradizione italiana.

Il giorno successivo parto per l’ultima tappa “in salita”: 4 ore di bus per 90 km e arrivo a Gangotri, un paese a 3100 metri di altitudine. Il posto è magico e rimango affascinato dal paesaggio mozzafiato: le vette innevate dell’Himalaya sembrano a portata di mano e l’acqua del Gange crea un suono ininterrotto e ipnotico. Quasi tutti i negozi e gli alberghi sono ancora chiusi, perché la stagione comincia il 28 aprile: Gangotri è una delle mete di pellegrinaggio più famose di tutta l’India e decine di migliaia di persone la affolleranno nei prossimi mesi. In compagnia di un ragazzo francese conosciuto in bus mi incammino verso l’entrata del parco nazionale, ma una solerte guardia mi blocca subito: sono necessari un permesso e una guida per raggiungere la sorgente del Gange, a 18 km di distanza. Ne ero a conoscenza e ho deciso di rinunciare perché si sarebbe trattato di un’escursione di 3-4 giorni tra andata e ritorno, ma il tempo a disposizione ormai stringe. Trascorro comunque due giorni fantastici a Gangotri, facendo delle camminate nei dintorni e, naturalmente, il bagno. L’acqua è sempre più gelida ma il sole è caldissimo quindi riesco a immergermi brevemente e poi mi sdraio in una deliziosa e isolata spiaggetta di sabbia bianca.

Sabato 22 aprile riparto e da adesso in poi il viaggio sarà tutto in discesa perché dalle montagne di torna in pianura: Delhi e Mumbai sto arrivando!