In Val Borbera ho incontrato molte storie

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Ester Armanino
La scrittrice Ester Armanino, grazie al progetto residenze d’artista, visita la valle per trarre ispirazione per un suo prossimo racconto. “Uno scrittore ha bisogno di porte aperte e in Valle le ho trovate”

Il mese di agosto per la Val Borbera è un periodo ricco di eventi e appuntamenti che attirano nella vallata un gran numero di persone, fra cui famiglie, giovani, turisti e persino artisti.
Un artista un po’ speciale è stata ospite del territorio partecipando alle iniziative di questo mese incandescente e osservando con la lente della scrittrice le storie di questo angolo di Piemonte.
Il suo nome è Ester Armanino e la motivazione che l’ha spinta a percorrere le strette in direzione Cabella Ligure è l’iniziativa Residenze d’Artista, un progetto di VisitPiemonte e di UnionCamere sviluppato assieme all’Università di Torino, Dipartimento Culture, Politica e Società e Dipartimento di Management, condotto sulla Val Borbera e sulle Valli di Lanzo, che verrà presentato a settembre 2019.
L’obbiettivo è chiaro ma non scontato: trarre ispirazione dal territorio della Val Borbera per la scrittura di un nuovo racconto. In cambio di questo generoso dono frutto del fascino della vallata, per una volta vera musa ispiratrice, Ester ha realizzato alcuni laboratori di scrittura e un reading dei suoi libri, eventi che hanno registrato un’ampia partecipazione e un elevato gradimento da parte della popolazione che ha partecipato numerosa e con entusiasmo.
Quali storie e quali spunti avrà incontrato in Val Borbera l’autrice del pluripremiato “Storia naturale di una famiglia”, “ L’arca” e di  Undici per la Liguria?
L’abbiamo chiesto direttamente a lei.
Che cosa hai pensato quando sei stata invitata in Val Borbera e hai dovuto organizzarti per partire?
Questa è stata la mia prima residenza d’artista e la considero un’occasione in cui ti senti accolta da qualcuno che crede in quello che fai e ti ospita, raccontandoti il territorio a livello culturale, paesaggistico, ma soprattutto ti apre casa sua e ti dice di sentirti a casa tua. 
E’ una bella sensazione nella quale tu ti accomodi, trovi la concentrazione giusta e poi vieni a contatto con tante storie diverse che altrimenti non avresti potuto conoscere.
Penso sia molto importante che si diffonda la consapevolezza che uno scrittore ha bisogno di porte aperte, questo è fondamentale perché la creatività possa sgorgare libera e diventare concreta. Ecco, in Val Borbera ho trovato tante porte aperte.
Cosa riporti a casa di questa breve esperienza sul territorio valborberino?
Sono rimasta colpita del fatto che così tante storie diverse possano convivere in armonia nella stessa area. Ho potuto notare che in Val Borbera arrivano persone che, in un certo senso, hanno conosciuto un po’ il mondo e per vari motivi, per esempio perché ne hanno abbastanza di ciò che hanno visto oppure perché vogliono far tesoro di questa esperienza, arrivano in Valle e si stabiliscono in questo luogo dove possono raccogliersi e ritrovare la dimensione che avevano perso. Facendo questo però, allo stesso tempo, portano un po’ di mondo in questa vallata.
Un altro aspetto che ho colto è questa triplice natura della terra, intesa come madre terra, ovvero come sostentamento, come paesaggio da attraversare e godere attraverso il trekking e infine come fonte di spiritualità.
Come hai trascorso queste giornate da artista in val Borbera?
Ho bollito i fagiolini e aiutato a fare le torte salate con le verdure dell’orto della famiglia che mi ha ospitato – esperienza molto bella – ho girato con la mia macchina sfruttando occasioni, eventi e inviti per passare da un Comune all’altro e da un’inaugurazione all’altra; ma soprattutto sono entrata in contatto con persone che ho rivisto poi i giorni seguenti e con cui ho creato occasioni per conoscerci meglio. Insomma: ho incontrato molte storie.
Quali aspetti di questo modo di viaggiare – da artista – hai apprezzato di più?
È stato un po’ come andare a trovare degli amici che non conosci ancora, quindi piuttosto strano.
La Residenza d’artista è organizzata da qualcuno che ti conosce, ma tu non sai chi incontrerai, ed è forse proprio questa la ricchezza dell’iniziativa, cioè il fatto che un progetto di Residenza porta una persona, magari con un talento particolare, nelle vite degli altri, e si sviluppa una sorta di scambio un po’ alla cieca, un’esperienza molto bella e stimolante. 
Da quell’appuntamento al buio viene alimentata la creatività, una dimensione che non ti puoi imporre, ma puoi solo stimolare. Potresti per esempio decidere di andare a scrivere in una casa di campagna, ma vivresti un’esperienza completamente diversa. In questo caso, invece, tu sai che verrai a contatto con tutta una materia prima – ossia le storie degli altri – che ti arricchisce e alimenta il serbatoio dell’immaginazione.
È come se ti predisponessi ad accogliere qualcosa degli altri per far emergere qualcosa di te, che altrimenti non potrebbe emergere.
Quanta “Val Borbera” ci sarà nel tuo racconto?
Ciò che sto scrivendo trae ispirazione dalla mia esperienza in Val Borbera, quindi ci sono elementi del territorio, sulla parte geologica del fiume, per esempio, sull’acqua, anche sull’aspetto culturale, però poi queste cose si intrecciano nel mio vissuto personale, nelle cose che sto vivendo e nei temi che sto affrontando in questo periodo con la scrittura. È un confluire di cose ed è molto bello perché significa cogliere un’opportunità, dei doni che ti vengono offerti, anche se ancora non sai bene quali siano.
Dal tuo punto di vista di artista che visita la Val Borbera, quale è il punto di forza di questo territorio, anche rispetto al suo sviluppo?
La natura sicuramente, la presenza degli animali e tutto il contesto ambientale. 
C’è un episodio accaduto a Cabella che mi ha fatto riflettere sui messaggi che la natura sa trasmetterci.
Ero al fiume e ogni sasso aveva sopra un’esuvia (resti di un esoscheletro di insetto dopo la muta N.D.R.) di plecottero (insetto alato con larva acquatica N.D.R.) vicino.
Questo è proprio l’inizio e la fine di un tema fondamentale del mio primo romanzo (“Storia naturale di una famiglia”) . Quindi mi sono ritrovata in mezzo a questo campo di esuvie, con tutte queste pelli lasciate dai plecotteri che avevano fatto la muta, che per loro è un passaggio di crescita nella vita. Mi sono fermata a riflettere sul fatto che mi trovassi in un contesto che parlava di un romanzo scritto dieci anni prima. È stato come se fossero lì a suggerirmi che forse anch’io devo avere il coraggio di fare quello che ho raccontato nel libro. L’ambiente in Val Borbera, pieno di plecotteri che hanno fatto la muta, mi ha detto: falla anche tu.
Questo è la natura e anche la scrittura: un laboratorio dove tu scrivi delle cose e tanti anni dopo ti rendi conto di quello che hai scritto.
E voi che viaggiatori siete? Trovate ispirazione a questo link – CHE VIAGGIATORE SEI