Il cementificio Cementir di Arquata Scrivia
Il cementificio Cementir di Arquata Scrivia

“Sbagliato ricollocare i lavoratori Cementir nei cantieri del Terzo valico, meglio chiedere la riconversione dello stabilimento”. Lo sostiene Giovanni Carrosio, consulente del Dipartimento per le politiche di sviluppo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Nato a Voltaggio, dopo una lunga esperienza all’Università di Trieste Carrosio si occupa con i colleghi di 66 aree scelte in tutta Italia dove avviare uno sviluppo partendo dai servizi come scuola, sanità, trasporti in base a una strategia nazionale per le cosiddette aree interne. 

Per lui, la soluzione della vertenza arquatese non è stata la migliore. Su poco più di 50 dipendenti, 23 lavoreranno nei cantieri dell’alta capacità in parte negli impianti di produzione di calcestruzzo della Betontir (anch’essa gruppo Caltagirone), i restanti alle dipendenze del Cociv o delle aziende che vinceranno le nuove gare di appalto previste dopo la cacciate delle imprese accusate di corruzione. Nello stabilimento resteranno circa 25 persone. Il tutto dovrebbe avvenire entro settembre: soddisfazione dai lavoratori stessi ai sindacati fino agli amministratori locali, anche se c’è chi, come il consigliere di minoranza Fabrizio Dellepiane, ha sottolineato che “la Cementir resta un problema per Arquata”, evidenziando tra l’altro i problemi legati all’inquinamento prodotto dallo stabilimento.

“Una comunità che ha cuore il futuro del lavoro sul proprio territorio – sostiene Giovanni Carrosio in un posto pubblicato su Fb – debba lavorare alla ri-formazione dei lavoratori, affinchè siano capaci di affrontare l’inevitabile conversione ecologica verso la quale (nonostante la politica) vanno i sistemi produttivi e nei quali, negli anni a venire, ad esempio nell’edilizia, ci sarà sempre meno spazio per il cemento e sempre più spazio per prodotti e tecnologie sostenibili”.
Lo dimostra, prosegue Carrosio, “la straordinaria crescita della edilizia eco-compatibile (legno, dispositivi di risparmio energetico, biomateriali) e la clamorosa crisi dell’edilizia tradizionale. Bene che i lavoratori vengano ricollocati subito e non si perda un solo giorno di stipendio, sia chiaro, ma che vengano ricollocati in cantieri che devastano il territorio mi sembra una rivendicazione davvero di retroguardia. Sarebbe bello che i sindacati lottassero per la riconversione produttiva, non per soluzioni tampone. Abbiamo straordinari esempi in Italia, a partire dalla lotta di Mario Agostinelli per la riconversione dell’Alfa di Arese. I sindacati – conclude Carrosio – non dissero ricollocateci in un altro sito produttivo, ma intrapresero una lotta per produrre l’auto elettrica”.